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Le biblioteche possono digitalizzare i libri in loro possesso? Conclusioni dell’Avvocato Generale nel caso: «Technische Universität Darmstadt»

La Corte di Giustizia della UE dovrà presto decidere su una questione sollevata da una Corte tedesca riguardante il diritto di una biblioteca (che non agisce per scopi di lucro) a digitalizzare alcuni volumi e renderli accessibili agli utenti presso terminali presenti nella biblioteca stessa. Inoltre, si chiede alla Corte di Giustizia di specificare se il diritto dell’UE consente alla biblioteca di far salvare tali copie digitali su chiavette USB o di farne fare una stampa per uso privato degli utenti della biblioteca stessa.

Secondo le conclusioni dell’Avvocato Generale tra le eccezioni al diritto esclusivo di riproduzione e di comunicazione al pubblico garantito agli autori dalla Direttiva 2001/29 (sul diritto di autore) rientra quella in esame, e cioè quella di digitalizzare un’opera  coperta dal diritto di autore per renderla accessibile su terminali presenti nella biblioteca.

Fin qui tutto chiaro, se non che L’Avvocato generale precisa poi che a suo avviso tale facoltà non è illimitata, restando impedita una “digitalizzazione globale d’una collezione” (ma questo non era il caso di specie) e dovendosi circoscrivere l’eccezione a riproduzioni “specifiche” d’opere protette “individuali”. Prosegue spiegando che con ciò egli intende dire che l’eccezione non dovrebbe essere sfruttata dalla biblioteca per evitare di comperare un numero sufficiente di copie cartacee. A questo proposito, gli sembra coerente una regola, come quella fissata dalla legge tedesca, la quale preveda che le copie digitalizzate dalla biblioteca e rese accessibili tramite terminali non devono superare quelle disponibili presso la biblioteca come copie cartacee (cioè le copie cartacee acquistate).  Poiché il ragionamento non mi sembra del tutto lineare, riporto testualmente il passaggio delle conclusioni dell’Avvocato: «[l’eccezione prevista dalla Direttiva] ne permettent une numérisation globale d’une collection, l’objet «d’actes de reproduction spécifiques» est ainsi limité aux «œuvres et autres objets protégés» individuels. Selon moi, la condition de proportionnalité des limitations prévues au paragraphe 5 dudit article [5] requiert que la possibilité d’utiliser des terminaux spécialisés n’est pas exploitée afin d’éviter d’acheter un nombre suffisant de copies physiques de l’ouvrage en instituant, par exemple, une règle telle que celle prévue à l’article 52b de l’UrhG [la legge tedesca], selon laquelle le nombre d’exemplaires d’un ouvrage rendu accessible aux postes de lecture électronique ne doit pas être supérieur à ce que contient le fonds de l’établissement”.

L’Avvocato Generale esclude invece che sia possibile la riproduzione su dispositivo USB asportabile dell’opera resa accessibile sul terminale, perché essa implica un altro atto di riproduzione e la possibilità di visualizzazione e comunicazione dell’opera fuori dalla biblioteca. Lo stesso per la stampa, la quale ultima tuttavia, nei locali della biblioteca, è possibile entro certi limiti, ma alla luce di un’altra categoria di eccezioni al diritto esclusivo di riproduzione previsto dalla Direttiva.

Va infine precisato che nel caso di specie la biblioteca non aveva acquistato una versione “ebook” dell’opera, sebbene l’editore della stessa avesse proposto tale acquisto. Le parti evidentemente non avevano raggiunto un accordo sulle condizioni di licenza. L’opera, pertanto, era stata digitalizzata dalla stessa biblioteca.

La prima impressione che si trae leggendo le conclusioni dell’Avvocato Generale è che il diritto dell’Unione Europea si barcamena tra esigenze diverse, non riuscendo tuttavia a raggiungere soluzioni dotate di semplicità e chiarezza. Le biblioteche possono digitalizzare, ma non più di tanto…, non possono consentire di far fare copie su supporti USB e a stampa, e però la stampa (fotocopia) di copie digitalizzate è in altri casi ammissibile…Vedremo cosa deciderà la Corte, che non è vincolata dalle conclusioni rese dall’Avvocato Generale.

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Corte di Giustizia UE: Pirateria, Copia Privata e Equo Compenso

Nella sentenza del 10 aprile 2014 (Causa C‑435/12; «ACI Adam») la Corte di Giustizia UE ha chiarito che la Direttiva europea sulla protezione del diritto d’autore non consente ai legislatori nazionali di equiparare «copia privata» e «copia pirata» quando si tratta di stabilire eccezioni al diritto esclusivo di riproduzione spettante agli autori. Gli Stati dell’Unione possono prevedere che i privati lecitamente riproducano per uso privato e senza autorizzazione dell’autore un’opera protetta (cd. copia privata), ma questa eccezione al diritto esclusivo d’autore non si può estendere alla riproduzione di opere ottenute illegalmente. In altri termini, l’eccezione per copia privata non vale quando serve a riprodurre copie dell’opera ottenute dal privato in modo illegale.

Questa però è solo la premessa di un’altra rilevante decisione presa dalla Corte.

Come noto, se gli Stati introducono l’eccezione al diritto esclusivo d’autore per consentire la «copia privata» devono anche stabilire  un «equo compenso» a favore degli autori. Questo avviene nel diritto europeo imponendo a carico dei venditori di supporti materiali «vergini» (ad es., cd rom) un prelievo forfetario, da redistribuire agli autori a titolo di indennizzo per le copie private che i supporti vergini potranno ospitare. Quindi, ai fini del finanziamento dell’equo compenso, il prelievo non grava direttamente sui soggetti privati interessati, bensì su coloro che possono «trasferire» ai privati, sotto forma di maggior prezzo al dettaglio del supporto, l’importo di tale prelievo «incombendo così in definitiva l’onere di detto prelievo sull’utente privato che paga tale prezzo».

Nel caso sottoposto alla Corte di Giustizia, un Giudice olandese ha chiesto fosse precisato se il diritto dell’Unione consenta che la misura forfetaria dell’«equo compenso» stabilita dagli Stati membri sia determinata tenendo conto del fatto che i supporti vergini consentono anche la riproduzione di copie illegalmente ottenute. In altri termini, poiché la legge olandese consente che l’equo compenso sia stabilito in misura maggiore in quanto non solo serve a coprire la riproduzione lecita per copia privata, ma anche le riproduzioni private illecite, il Giudice nazionale ha chiesto alla Corte di stabilire se questa «maggiorazione» dell’equo compenso sia o meno compatibile con il diritto dell’Unione.

La Corte di Giustizia ha deciso che la maggiorazione non è consentita, perché penalizza i privati che non sono «pirati», ponendo a loro carico anche il costo delle «copie pirata».

Più precisamente, ecco la risposta della Corte:

«53      (…) il sistema di prelievi istituito dallo Stato membro interessato deve mantenere un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi degli autori, beneficiari dell’equo compenso, da un lato, e quelli degli utenti dei materiali protetti, dall’altro.

54     Orbene, un sistema di prelievo per copia privata, come quello di cui al procedimento principale, che non fa distinzione, per quanto attiene al calcolo dell’equo compenso dovuto ai suoi beneficiari, tra la situazione in cui la fonte a partire dalla quale una riproduzione per uso privato è realizzata sia legale e quella in cui tale fonte sia illegale, non rispetta il giusto equilibrio di cui al punto precedente.

55      In un siffatto sistema, il pregiudizio causato, e quindi l’importo dell’equo compenso dovuto ai beneficiari, è infatti calcolato in base al criterio del pregiudizio causato agli autori tanto da riproduzioni per uso privato realizzate a partire da una fonte legale, quanto da riproduzioni realizzate a partire da una fonte illegale. L’importo così calcolato si ripercuote quindi, in definitiva, sul prezzo che gli utenti di materiali protetti pagano nel momento in cui vengono loro messi a disposizione apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione che consentono la realizzazione di copie private.

56      In tal senso, ogni utente che acquisti siffatti apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione è indirettamente penalizzato, dato che, sostenendo l’onere del prelievo stabilito a prescindere dal carattere legale o illegale della fonte a partire dalla quale siffatte riproduzioni vengono realizzate, contribuisce necessariamente al compenso per il pregiudizio causato da riproduzioni per uso privato realizzate a partire da una fonte illegale, non autorizzate dalla direttiva 2001/29, ed è pertanto indotto a farsi carico di un costo supplementare non trascurabile per poter realizzare le copie private che rientrano nell’eccezione [per copia privata] prevista dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva medesima.

57      Orbene, non si può ritenere che una siffatta situazione soddisfi il requisito di un giusto equilibrio da trovare tra, da un lato, i diritti e gli interessi dei beneficiari dell’equo compenso e, dall’altro, quelli dei suddetti utenti.

58      Alla luce delle suesposte considerazioni occorre rispondere alle prime due questioni dichiarando che il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, in combinato disposto con il paragrafo 5 di tale articolo, debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non fa distinzione tra la situazione in cui la fonte a partire dalla quale una riproduzione per uso privato è realizzata è legale e la situazione in cui tale fonte è illegale».

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Everything Old Is Unavailable Again: How Copyright Has Ebooks Operating In The 1800s | Techdirt

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Intellectual Property Piracy

UK: Il Governo Propone Nuove Eccezioni in Materia di Copia Privata (Personal Copies for Private Use)

  • Personal copies for private use:

  • (1) The making of a copy of a work, other than a computer program, by an individual does not infringe copyright in the work provided that the copy—

    • (a) is a copy of—

      • (i) the individual’s own copy of the work, or

      • (ii) a personal copy of the work made by the individual,

    • (b ) is made for the individual’s private use, and

    • (c) is made for ends which are neither directly nor indirectly commercial.

  • (2) In this section “the individual’s own copy” is a copy which—

    • (a)has been lawfully acquired by the individual on a permanent basis,

    • (b) is not an infringing copy, and

    • (c) has not been made under any provision of this Chapter which permits the making of a copy without infringing copyright.”


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Business Models Contracts Intellectual Property

IPR License Launches Global Digital Marketplace for Book Rights | Digital Book World

  • “IPR License, the global digital marketplace for books rights, has opened up its platform to coincide with the launch of its fully bespoke transactional licensing solution – ‘TradeRights’. This new functionality is the first in the industry to allow parties to make offers and negotiate deals on whole book rights then complete the transaction in full, including contracts and payment.”

    Ecco il link: IPR License

 

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Case Law Intellectual Property

Corte di Giustizia UE: su ingiunzione di un Giudice, l’ISP deve adottare tutte le misure ragionevoli ad evitare violazioni copyright

  • “1) L’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, dev’essere interpretato nel senso che un soggetto che metta a disposizione del pubblico su un sito Internet materiali protetti senza l’accordo del titolare dei diritti, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva, utilizza i servizi del fornitore di accesso ad Internet dei soggetti che consultano tali materiali, il quale deve essere considerato un intermediario ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29.

  • 2) I diritti fondamentali riconosciuti dal diritto dell’Unione devono essere interpretati nel senso che non ostano a che sia vietato, con un’ingiunzione pronunciata da un giudice, a un fornitore di accesso ad Internet di concedere ai suoi abbonati l’accesso ad un sito Internet che metta in rete materiali protetti senza il consenso dei titolari dei diritti, qualora tale ingiunzione non specifichi quali misure tale fornitore d’accesso deve adottare e quest’ultimo possa evitare sanzioni per la violazione di tale ingiunzione dimostrando di avere adottato tutte le misure ragionevoli, a condizione tuttavia che, da un lato, le misure adottate non privino inutilmente gli utenti di Internet della possibilità di accedere in modo lecito alle informazioni disponibili e, dall’altro, che tali misure abbiano l’effetto di impedire o, almeno, di rendere difficilmente realizzabili le consultazioni non autorizzate dei materiali protetti e di scoraggiare seriamente gli utenti di Internet che ricorrono ai servizi del destinatario di questa stessa ingiunzione dal consultare tali materiali messi a loro disposizione in violazione del diritto di proprietà intellettuale, circostanza che spetta alle autorità e ai giudici nazionali verificare.”

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Cassazione Penale: Un post diffamatorio non autorizza il sequestro preventivo dell’intero blog

Importante sentenza della Cassazione che dissequestra un blog (accusato di contenere una serie di post diffamatori, sembra nemmeno scritti dal  titolare del blog stesso).

La Corte afferma che il sequestro preventivo dell’intero blog incide sulla libertà di manifestazione del pensiero, mentre il blog in sè stesso non ha potenzialità lesiva,  e quindi la mera esistenza di alcuni post diffamatori non realizzano, rispetto all’intero blog, l’attualità e concretezza del periculum in mora che sarebbe necessario per giustificare il sequestro del sito.

Corte di Cassazione, Sez. V Penale, del 12-03-2014, n. 11895:

“Con decreto del 6 aprile 2013, il G.I.P. presso il Tribunale di Udine disponeva il sequestro preventivo del sito internet (…), gestito da (…), indagato per il reato di cui all’art. 595, commi 1 e 3, ai danni di (…). L’indagato era accusato di aver pubblicato sul sito suddetto messaggi e commenti che, con il pretesto di una critica politica, scivolavano sul terreno della gratuità volgarità e dell’attacco personale (…).

Il Tribunale per il riesame di Udine, con ordinanza del 14 maggio 2013, confermava il provvedimento di sequestro, osservando che il sito è stato lo strumento attraverso il quale i messaggi diffamatori sono stati diffusi e che ben potrebbe, anche in futuro, essere utilizzato al medesimo scopo, sicché riteneva il vincolo imposto “pienamente adeguato e congruo”.

(…)

Con riferimento alla possibilità di sequestro preventivo di un sito web, questa Corte ha più volte affermato la piena compatibilità della misura cautelare con il bene immateriale (…), non potendo negarsi che ad un sito internet possa attribuirsi una sua “fisicità”, ovvero una dimensione materiale e concreta.

Va però considerata la particolarità del caso in cui il sito sottoposto a sequestro contenga un blog (letteralmente contrazione di web-log, ovvero “diario in rete”), termine con il quale si definisce quel particolare tipo di sito web, gestito da uno o più blogger, che pubblicano, più o meno periodicamente, contenuti multimediali, in forma testuale o in forma di post (concetto assimilabile o avvicinabile ad un articolo di giornale), che vengono visualizzati in ordine cronologica, partendo dal più recente, in funzione del loro carattere di attualità. In caso di sequestro di un blog, l’inibitoria che deriva a tutti gli utenti della rete all’accesso ai contenuti del sito è in grado di alterare la natura e la funzione del sequestro preventivo, perché impedisce al blogger la possibilità di esprimersi.

Va a tal proposito considerato quanto già affermato da questa Sezione (…), rispetto ai casi in cui la misura cautelare reale cada su di un supporto destinato a comunicare fatti di cronaca ovvero espressioni di critica o ancora denunce su aspetti della vita civile di pubblico interesse, quale appunto un blog di libera informazione (oggetto di quella decisione era un sequestro preventivo di un articolo pubblicato su un sito internet, contenente espressioni ritenute lesive dell’onore e del decoro); in casi del genere, infatti, il vincolo non incide solamente sul diritto di proprietà del supporto o del mezzo di comunicazione, ma sul diritto di libertà di manifestazione del pensiero (cui si ricollegano l’esercizio dell’attività d’informazione, le notizie di cronaca, le manifestazioni di critica, le denunce civili con qualsiasi mezzo diffuse), che ha dignità pari a quello della libertà individuale e che trova la sua copertura non solo nell’art. 21 Cost., ma anche – in ambito sovranazionale – nell’art. 10 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo nonché nell’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (…).

Un giusto contemperamento di opposti interessi di rilievo primario impone allora che l’imposizione del vincolo sia giustificata da effettiva necessità e da adeguate ragioni, il che si traduce, in concreto, in una valutazione della possibile riconducibilità del fatto all’area del penalmente rilevante e delle esigenze impeditive, tanto serie quanto è vasta l’area della tolleranza costituzionalmente imposta per la libertà di parola (…).

Nel caso di specie il sito internet è stato oggetto di sequestro solo perché adoperato per commettere diffamazioni (nemmeno da parte dell’indagato, ma di terze persone), ma non vi è alcun elemento da cui desumere una potenzialità offensiva del sito in sè, e quindi l’attualità e concretezza del periculum in mora. Anzi, lo sviluppo di un blog sul dominio internet rappresenta una modalità fisiologica ed ordinaria dell’utilizzo del bene, per cui non si ravvisa alcun elemento da cui poter inferire che vi sia un tale rischio, né potrebbero essere individuati ulteriori elementi da parte del Tribunale del riesame.

Per tutte le considerazioni che precedono va disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e, conseguentemente, va ordinata la cessazione di efficacia della misura.”

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Future of Copyright – Funk band Vulfpeck stunts with ‘silent’ tracks to earn money from Spotify

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