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DRM Intellectual Property

DRM: SiDiM. Dalla Germania lo scompigliatore di testi

Sul fronte della inarrestabile contesa tra le forze del bene e del male, cioè tra copyright e copiatori pirata, arriva notizia di  una nuova arma nelle mani del bene, di invenzione tedesca: un sistema di DRM dispettoso, chiamato SiDiM, che quando copi un file senza autorizzazione modifica parti del testo o della punteggiatura, così che la copia pirata diventi un testo diverso da quello originario.

A parte rilevare che il sistema potrebbe anche avere risultati inaspettatamente creativi, producendo dal nulla nuove opere (si immagini una mediocre poesia, che con un virgola decisiva spostata al punto  giusto diventi una lirica sublime) si pongono intriganti questioni di diritto d’autore. Perché appunto l’autore potrebbe dolersi delle manipolazione della propria opera (sarà pure mediocre, ma quella è la mia poesia, con la virgola in quel posto).

Certo chi detiene la copia pirata non può protestare più di tanto, ma insomma, l’autore s’offende lo stesso, anche perché il testo circola e chi saprà più, dopo un pò, dove diamine andava piazzata quella virgoletta? Dovrà dunque autorizzare preventivamente un simile sistema. E poi, chi sarà il responsabile  dell’illecita ri-elaborazione? Il software? Chi ha apposto il DRM? Il pirata?

Ad altri giuristi sbrogliare la matassa, io m’astengo.

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Intellectual Property Interoperability Open Data

Open Government Data: Documenti di Biblioteche, Musei, Archivi Pubblici

Il settore pubblico produce e custodisce una rilevante quantità di informazioni. L’accessibilità e la ri-utilizzabilità delle stesse da parte del settore privato costituisce oggi una risorsa strategica di crescente e straordinario valore.

Il Parlamento Europeo, lo scorso 13 giugno ha dato il via libera, con alcuni emendamenti, alla proposta di modifica della Direttiva  2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico.

Nel settore culturale, la proposta di modifica della  Direttiva, che a questo punto dovrebbe essere attuata negli Stati membri entro due anni, può avere un forte impatto economico, rendendo disponibili anche per l’uso commerciale contenuti di grande valore. L’Europa è una miniera inesauribile di cultura e di elaborazioni millenarie, renderne più libero l’utilizzo e lo sfruttamento è un’occasione in grado di fare la differenza per il Vecchio continente.

Il testo della nuova Direttiva è – come di consueto – frutto di alcuni compromessi che non ne facilitano la lettura, ma, per il settore dell’editoria, specie quella digitale, segnalo questi punti oggetto delle prossime novità legislative:

– la riutilizzabilità dei documenti detenuti dai soggetti pubblici dovrebbe diventare la regola, mentre la non riutilizzabilità l’eccezione;

– l’ambito di applicazione della precedente Direttiva viene esteso (col relativo obbligo di accessibilità e riutilizzabilità dei documenti) alle biblioteche (incluse quelle universitarie), ai musei, agli archivi pubblici.

–  “To facilitate re-use, public sector bodies should, where possible and appropriate , make documents available through open and machine-readable formats and together with their metadata, at the best level of precision and granularity,  in a format that ensures interoperability

–  in linea di principio, il costo per la riproduzione dei documenti da riutilizzare posto a carico degli utenti non dovrebbe superare il “costo marginale” della riproduzione in questione;

– resta fermo quanto già previsto in tema di “licenze“: i soggetti pubblici possono sottoporre a licenza il riutilizzo dei documenti, ma le licenze devono essere concesse secondo formati “standard” e “digitalizzati”. Importante in proposito il seguente principio (cd. “Considerando” in premessa alla Direttiva): “(26)  In relation to any re-use that is made of the document, public sector bodies may impose conditions, where appropriate through a licence, such as acknowledgment of source and acknowledgment of whether the document has been modified by the re-user in any way. Any licences for the re-use of public sector information should in any event place as few restrictions on re-use as possible, for example limiting them to an indication of source. Open licences available online, which grant wider re-use rights without technological, financial or geographical limitations and relying on open data formats, should play an important role in this respect. Therefore, Member States should encourage the use of open licences that should eventually become common practice across the Union“.

– accordi di esclusiva riguardanti la digitalizzazione dei documenti analogici detenuti da biblioteche, musei, archivi ecc.. non devono eccedere la durata di 10 anni (ma per gli accordi di esclusiva già in essere per la digitalizzazione, la Direttiva concede deroghe). In sostanza, dopo 10 anni, il contenuto digitalizzato che sia di pubblico dominio ritorna tale anche nella forma digitalizzata.

– la Direttiva non pregiudica il regime ed i diritti di proprietà intellettuale vigenti ed applicabili sui documenti in questione (sia i diritti dei terzi che quelli dei soggetti pubblici destinatari degli obblighi di accesso e riutilizzabilità oggetto della Direttiva).

Ora, come si vede le intenzioni sono buone, ma bisognerà vedere le concrete modalità di attuazione a livello nazionale. Ricordo che le Direttive non creano norme direttamente e uniformemente applicabili negli ordinamenti nazionali. Gli Stati membri  le devono recepire introducendo propri atti normativi, vincolati dalla Direttiva negli scopi da raggiungere.

Per un’analisi più dettagliata, si leggano Ton Zijlstra e Katleen Janssen sul Blog della Open Knowledge Foundation.

 

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Antitrust

Amazon.book?

Amazon ha richiesto ad ICANN l’assegnazione del registro per la gestione del TLD “.book” (e di altri TLD, come “.author”).

Se la richiesta venisse accolta gestirebbe il dominio di primo livello .book. La proecedura di assegnazione è ancora in corso. La valutazione preliminare delle domande da parte di ICANN dovrebbe concludersi entro l’estate. Amazon non è l’unico soggetto  ad avere richiesto l’assegnazione del registro del TLD “.book”.

Come si legge nella domanda rivolta all’ICANN, Amazon gestirebbe il TLD “.book” “to support the business goals of Amazon“. Pertanto, a quanto si capisce, i sottodomini (tipo: amazon.book) verrebbero distribuiti soltanto ad Amazon stessa ed alle sue società controllate. Inoltre, “All domains in the .BOOK registry will remain the property of Amazon“.

Questo significa che il TLD in questione sarebbe un dominio “chiuso”, non aperto alle richieste di registrazione di domini di secondo livello da parte di soggetti terzi, come invece ad esempio avviene per il dominio “.com”.

Contro l’assegnazione del dominio, come dominio “chiuso”, si sono espressi alcuni concorrenti (come Barnes & Nobles, ad esempio), nonché associazioni e istituzioni varie.

In generale, se l’ICANN assegnasse la gestione del registro di nomi di dominio generici (come “.libro”, “.car” etc.) a soggetti che si propongano di non permettere a terzi l’accesso ai subdomain su quel dominio di primo livello, rischierebbe di facilitare la creazione di posizioni dominanti nei settori economici corrispondenti al nome generico in questione.

Nel caso poi del dominio .book, il pericolo è quello di rafforzare il potere di mercato di un operatore già molto forte nella distribuzione dei libri e degli ebook.

Il rafforzamento o la creazione di posizioni dominanti nei mercati interessati dai TLD (specie quelli con nomi generici in via di assegnazione) riflette inoltre la posizione dominante dell’ICANN stessa, nel mercato dell’assegnazione della gestione dei registri per i TLD.

Insomma, la perenne sfida tra istanze “di chiusura” e “di apertura” della rete e delle sue infrastrutture resta sempre attuale e s’arricchisce ogni giorno di un capitolo nuovo.

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Antitrust

Net Neutrality

Chi distribuisce ebook distribuisce contenuti digitali. I contenuti digitali trasferiti via internet pagano pedaggio alle reti fisiche di telecomunicazioni. Per questo i destini dell’industria delle telecom, dell’industria della distribuzione dei contenuti digitali e di quella dell’editoria sono collegati.

La Net Neutrality è una delle icone dei difensori delle libertà sulla rete. La rete nasce neutrale rispetto ai byte che circolano tramite essa (non li esamina, li spedisce in giro divisi in pacchetti), ma quando i byte relativi ad un certo contenuto digitale diventano tanti e di valore notevole e differenziato, come resistere alla tentazione (alcuni dicono alla necessità) di regolare il traffico, di discriminare i pedaggi, di dare un’occhiatina a quel che passa per capire se è possibile impossessarsi di un pò  di quel valore circolante?

E se io sono al contempo una telecom e un distributore di contenuti digitali e magari anche un produttore di tali contenuti, come resistere alla tentazione di favorire la circolazione dei miei contenuti rispetto  a quelli  dei miei concorrenti?

Per questo da tempo si invoca la difesa della Net Neutrality. Si tengono sotto  esame le  telecom.  Ed ecco che Deutsche Telekom sembra rompere il tabù. Via il flat rate. Chi scarica più dati è svantaggiato (paga di più, scarica più  lentamente). Il che non sarebbe una gran novità, se non vi fosse il sospetto (non ho chiaro se solo  un sospetto o già una solida realtà) che se l’utente scarica contenuti distribuiti dalla stessa DT allora continua a valere il flat rate. I byte della telco viaggiano meglio di quelli dei concorrenti. Bye Bye Net Neutrality.

 

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Intellectual Property

First-Sale Doctrine

Dal sito della Stanford Law Review, a firma Clark Asay, sulla recente sentenza della Suprema Corte Statunitense in tema di “first-sale doctrine” per i libri di seconda mano lecitamente stampati e acquistati all’estero, e reimportati negli USA.

The Court held six to three that the first-sale doctrine allows importing physical books, lawfully made and acquired abroad, into the United States for resale without violating a copyright owner’s distribution right.

L’estensione della soluzione agli ebook è dubbia.

Per gli ebook acquistati dai servizi online dei soliti noti, c’è una prima vendita o siamo tutti dei licenziatari?

Il tema è caldo, a presto risentirci!